Glorificazione
Nel mistero pasquale passione e glorificazione sono strettamente legate fra loro, formano un’unità inscindibile
“Siamo nel tempo pasquale, che è il tempo della glorificazione di Gesù. Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che questa glorificazione si è realizzata mediante la passione. Nel mistero pasquale passione e glorificazione sono strettamente legate fra loro, formano un’unità inscindibile. Gesù afferma: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui” (Gv 13,31) e lo fa quando Giuda esce dal Cenacolo per attuare il piano del suo tradimento, che condurrà alla morte il Maestro: proprio in quel momento inizia la glorificazione di Gesù. L’evangelista Giovanni lo fa comprendere chiaramente: non dice, infatti, che Gesù è stato glorificato dopo la sua passione, per mezzo della risurrezione, ma mostra che la sua glorificazione è iniziata proprio con la passione. In essa Gesù manifesta la sua gloria, che è gloria dell’amore, che dona tutto se stesso. Egli ha amato il Padre, compiendo la sua volontà fino in fondo, con una donazione perfetta; ha amato l’umanità dando la sua vita per noi. Così già nella sua passione viene glorificato, e Dio viene glorificato in lui. Ma la passione – come espressione realissima e profonda del suo amore – è soltanto un inizio. Per questo Gesù afferma che la sua glorificazione sarà anche futura (Gv 32). Poi il Signore, nel momento in cui annuncia la sua partenza da questo mondo (v. 33), quasi come testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri (v. 34). Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo.
Gesù parla di un “comandamento nuovo”. Ma qual è la sua novità? Già nell’Antico Testamento Dio aveva dato il comando dell’amore; ora, però, questo comandamento è diventato nuovo in quanto Gesù vi apporta un’aggiunta molto importante: “Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri”. Ciò che è nuovo è proprio questo “amare come Gesù ha amato”. Tutto il nostro amare è preceduto dal suo amore e si riferisce a questo amore, si inserisce in questo amore, si realizza proprio per questo amore. L’Antico Testamento non presentava nessun modello di amore, ma formulava soltanto il precetto di amare. Gesù invece ci ha dato se stesso come modello e come fonte di amore. Si tratta di un amore senza limiti, universale, in grado di trasformare anche tutte le circostanze negative e tutti gli ostacoli in occasioni per progredire nell’amore. E vediamo nei santi di questa Città (Torino) la realizzazione di questo amore, sempre dalla fonte dell’amore di Gesù.
… Dandoci il comandamento nuovo, Gesù ci chiede di vivere il suo stesso amore, del suo stesso amore, che è il segno credibile, eloquente ed efficace per annunziare al mondo la venuta del Regno di Dio. Ovviamente con le nostre sole forze siamo deboli e limitati. C’è sempre in noi una resistenza all’amore e nella nostra esistenza ci sono tante difficoltà che provocano divisioni, risentimenti e rancori. Ma il Signore ci ha promesso di essere presente nella nostra vita, rendendoci capaci di questo amore generoso e totale, che sa vincere tutti gli ostacoli, anche quelli che sono nei nostri cuori. Se siamo uniti a Cristo, possiamo amare veramente in questo modo. Amare gli altri come Gesù ci ha amati è possibile solo con quella forza che vi viene comunicata nel rapporto con Lui, specialmente nell’Eucaristia, in cui si rende presente in modo reale il suo Sacrificio di amore che genera amore: è la vera novità nel mondo e la forza di una permanente glorificazione di Dio, che si glorifica nella continuità dell’amore di Gesù nel nostro amore” (Benedetto XVI, Omelia a Torino, 2 maggio2010).
Il Papa ha voluto incoraggiare nella carità pastorale Sacerdoti e Diaconi della Chiesa che è in Torino, come pure Religiosi e Religiose. A volte, essere operai nella vigna del Signore può essere faticoso dato che gli impegni si moltiplicano, le richieste sono tante, i problemi non mancano. Occorre attingere quotidianamente dal rapporto personale con Dio nella preghiera la forza per portare l’annuncio di salvezza; ri -centrare la propria esistenza sull’essenziale del Vangelo; coltivare una reale dimensione di comunione e di fraternità all’interno del presbiterio, delle comunità, nei rapporti con il Popolo di Dio; soprattutto testimoniare nel ministero la potenza dell’amore che viene dall’Alto, che viene dal Signore presente nel noi della Chiesa. Tutti possono glorificare Gesù con l’apostolato e con i suoi frutti “attraverso molte tribolazioni” (At 14,22). Certo la vita, anche la vita cristiana non è facile; non mancano difficoltà, problemi, preoccupazioni soprattutto in chi vive in condizioni di precarietà a causa della mancanza di lavoro, per l’incertezza per il futuro, per la sofferenza fisica e morale; ci sono famiglie, giovani, persone anziane, emarginati, immigrati che vivono in solitudine. I limiti della vita stessa porta ad affrontare molte difficoltà, molti problemi, ma è proprio la certezza che viene dalla fede, la certezza che non siamo mai soli, che Dio ama ciascuno senza distinzione ed è vicino a ciascuno con il suo amore, che rende possibile affrontare, vivere e superare la fatica dei problemi quotidiani. E’ stato l’amore di Cristo risorto a spingere gli apostoli ad uscire da se stessi, a diffondere la parola di Dio, a spendersi senza riserve per gli altri, con coraggio e serenità. Il Risorto possiede una forza di amore che supera ogni limite, non si ferma davanti ad alcun ostacolo. E ogni Comunità cristiana, specialmente nelle realtà più impegnate pastoralmente, diventa strumento concreto di questo amore di Dio in città, nei quartieri, nelle famiglie, in modo semplice e concreto: “Come io ho amato voi, così amatevi gli uni e gli altri”.
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