Testimoni digitali
Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la passione che da due mila anni governa la barca della Chiesa
“Il tempo che viviamo conosce un enorme allargamento delle frontiere della comunicazione, realizza un’edita convergenza tra i diversi media e rende possibile l’interattività. La rete manifesta, dunque, una vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista, ma nel contempo segna un nuovo fossato: si parla, infatti, di digital divide. Esso separa gli inclusi dagli esclusi e va ad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano le nazioni tra loro e anche al loro interno. Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona. Si assiste allora a un “inquinamento dello spirito, quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra noi, e non guardarci in faccia…” (8 dicembre 2009). Questo Convegno, invece, punta proprio a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie: quando ciò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti di scambio e di consumo.
Come è possibile tornare ai volti? Ho cercato di indicarne la strada anche nella mia terza Enciclica.
Essa passa per quella caritas in veritate, che rifulge nel volto di Cristo. L’amore nella verità costituisce “una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione” (n. 9). I media possono diventare fattori di umanizzazione “non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali” (n. 73). Ciò richiede che “essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale” (ibid.). Solamente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità.
Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da due mila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’interrotto flusso comunicativo della rete.
E’ questa la nostra missione, la missione irrinunciabile della Chiesa: il compito di ogni credente che opera nei media è quello di “spianare la strada a nuovo incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo tempo “digitale” i segni necessari per riconoscere il Signore” (Messaggio per la 44° Giornata Mondiale, 16 maggio 2010). Cari amici, anche nella rete siete chiamati a collocarvi come “animatori di comunità”, attenti a “preparare cammini che conducano alla Parola di Dio”, e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti “sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche” (ibid.)
La rete potrà diventare una sorta di “portico dei gentili”, dove “fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto.
Quali animatori della cultura e della comunicazione, voi siete segno di quanto “i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio” (ibidem).
Le voci, in questo campo, in Italia non mancano: basti qui ricordare il quotidiano Avvenire, l’emittente televisiva TV2000, il circolo radiofonico inBlu e l’agenzia di stampa SIR, accanto ai periodici cattolici, alla rete capillare dei settimanali diocesani e agli ormai numerosi siti internet di ispirazione cattolica.
Esorto tutti i professionisti della comunicazione a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto. Vi aiuterà in questo una solida preparazione teologica e soprattutto una profonda e gioiosa passione per Dio, alimentata nel continuo dialogo con il Signore. Le Chiese particolari e gli istituti religiosi, dal canto loro, non esitino a valorizzare i percorsi formativi proposti dalle Università Pontificie, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalle altre Università cattoliche ed ecclesiastiche, destinandovi con lungimiranza persone e risorse. Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale.
Mentre vi ringrazio del servizio che rendete alla Chiesa e quindi alla causa dell’uomo, vi esorto a percorrere, animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade del continente digitale. La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità” (Benedetto XVI, Udienza ai partecipanti al Convegno nazionale “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era della cross mediale”, 24 aprile 2010).
Gli ormai numerosi siti di ispirazione cattolica contribuiscono per cogliere Benedetto XVI come un grande “illuminista” in un’epoca in cui la verità ha pochi estimatori e il dubbio rischia di far da padrone. All’uomo moderno egli chiede di aprire gli spazi della ragione alle grandi questioni del vero e del bene per coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. E’ questo un compito che sta davanti a noi anche attraverso il continente digitale, un’avventura affascinante nella quale soprattutto i giovani possono spendersi per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza.
Con il digitale si può aprire un “cortile dei gentili”, dove tutti possono confrontarsi sotto l’ombra di Dio, “vivere come se Dio ci fosse” anche per chi non lo conosce, perché da questa scommessa, come disse Pascal, c’è solo tutto da guadagnare e niente da perdere.
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