I dieci comandamenti
Le “Dieci Parole” o Dieci comandamenti sono un “grande codice etico” per tutta l’umanità
“Il Decalogo – le “Dieci Parole” o Dieci Comandamenti (Ex 20,1-17; Dt 5,1 – 21) – che proviene dalla Torah di Mosé, costituisce la fiaccola dell’etica, della speranza e del dialogo, stella polare della fede e della morale del Popolo di Dio, e illumina e guida anche il cammino dei Cristiani. Esso costituisce un faro e una norma di vita nella giustizia e nell’amore, un “grande codice” etico per tutta l’umanità. Le “Dieci Parole” gettano luce sul bene e sul male, sul vero e sul falso, sul giusto e l’ingiusto, anche secondo i criteri della coscienza retta di ogni persona. umana. Gesù stesso lo ha ripetuto più volte, sottolineando che è necessario un impegno operoso sulla via dei Comandamenti: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i Comandamenti” (Mt 19,17). In questa prospettiva, sono vari i campi di collaborazione e di testimonianza. Vorrei ricordarne tre particolarmente importanti per il nostro tempo.
- Le “Dieci Parole” chiedono di riconoscere l’unico Signore, contro la tentazione di costruirsi altri idoli, di farsi vitelli d’oro. Nel nostro mondo molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo, senza rilevanza per la vita; sono stati fabbricati così altri e nuovi dei a cui l’uomo si inchina. Risvegliare nella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente, testimoniare l’unico Dio è un servizio prezioso che Ebrei e Cristiani possono e devono offrire insieme.
- Le “Dieci Parole” chiedono il rispetto, la protezione della vita, contro ogni ingiustizia e sopruso, riconoscendo il valore di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio. Quante volte in ogni parte della terra, vicina e lontana, vengono ancora calpestati la dignità la libertà, i diritti dell’essere umano! Testimoniare insieme il valore supremo della vita contro ogni egoismo, è offrire un importante apporto per un mondo in cui regni la giustizia e la pace, lo “shalom” auspicato dai legislatori, dai profeti e dai sapienti di Israele.
- Le “Dieci Parole” chiedono di conservare e promuovere la santità della famiglia, in cui il “sì” personale e reciproco, fedele e definitivo dell’uomo e della donna, dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e si apre, al tempo stesso, al dono di una nuova vita. Testimoniare che la famiglia continua ad essere la cellula essenziale della società e il contesto di base in cui si imparano e si esercitano le virtù umane è un prezioso servizio da offrire per la costruzione di un mondo dal volto più umano.
Come insegna Mosè nello Shemà (Dt 6,5; Lv 19,34) - e Gesù riafferma nel Vangelo (Mc 12, 19 – 31) -, tutti i comandamenti si riassumono nell’amore di Dio e nella misericordia verso il prossimo. Tale Regola impegna Ebrei e Cristiani ad esercitare, nel nostro tempo, una generosità speciale verso i poveri, le donne, i bambini, gli stranieri, i malati, i deboli, i bisognosi. Nella tradizione ebraica c’è un mirabile detto dei Padri d’Israele: “Simone il Giusto era solito dire: il mondo si fonda su tre cose: la Torah, il culto e gli atti di misericordia “(Aboth 1,2). Con l’esercizio della giustizia e della misericordia, Ebrei e Cristiani sono chiamati ad annunciare e a dare testimonianza al Regno dell’Altisimo che viene, e per il quale preghiamo e operiamo ogni giorno nella speranza” (Benedetto XVI, Visita alla Sinagoga di Roma, 17 gennaio 2010).
Di fronte all’attuale e globale questione antropologica per la riduzione della ragione all’immanente per cui ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale, Cristiani e Ebrei hanno un grande patrimonio spirituale in comune da offrire, hanno le stesse radici per impedire che l’etica venga ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Non è difficile vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma anche con le radici ebraiche e più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità: non sia quindi in grado di instaurare, come la globalizzazione richiede, un vero dialogo con le altre cultura, nelle quali la dimensione religiosa, come per Ebrei e Cristiani, è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita. Perciò questa cultura, che rischia di divenire egemone a livello mondiale, è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bingono di speranza. Cristiani ed Ebrei, uniti da una grande parte di patrimonio spirituale in comune, possono offrire un grande contributo vincendo il rimaner sconosciuti gli uni e gli altri. Dio oggi li chiama, con la loro identità, a mantenere aperto lo spazio del dialogo, del reciproco rispetto, della crescita nell’amicizia, della comune testimonianza alle sfide del nostro tempo che invitano a collaborare per il bene dell’umanità in questo mondo creato da Dio, l’Onnipotente e il Misericordioso.
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