Cultura, diritto naturale

Anima della cultura è quella sapienza, quel diritto naturale, al quale le leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune

“Delle opere di Giovanni di Salisbury (1100 - 1180) vorrei segnalarne due …In difesa della logica e L’uomo di governo.

Nella prima …elogia la cultura, l’autentica filosofia, l’incontro cioè tra pensiero forte e comunicazione, parola efficace. Egli scrive:Come infatti non solo è temeraria, ma anche cieca l’eloquenza non illuminata dalla ragione, così la sapienza che non si giova dell’uso della parola è non solo debole, ma in certo modo monca: infatti, anche se, talora, una sapienza senza parola può giovare a confronto della propria coscienza, raramente e poco giova alla società ’.

Un insegnamento molto attuale. Oggi, quella che Giovanni definiva “eloquenza”, cioè la possibilità di comunicare con strumenti sempre più elaborati e diffusi, si è enormemente moltiplicata. Tuttavia, tanto più rimane urgente la necessità di comunicare messaggi dotati di “sapienza”, ispirati cioè alla verità, alla bontà, alla bellezza. E’ questa una grande responsabilità, che interpella in particolare le persone che operano nell’ambito multiforme e complesso della cultura, della comunicazione, dei media. Ed è questo un ambito nel quale si può annunciare il Vangelo con vigore missionario….

La conoscenza umana – questa la sua conclusione – è imperfetta, perché soggetta alla finitezza, al limite dell’uomo. Essa, però, cresce e si perfeziona grazie all’esperienza e all’elaborazione di ragionamenti corretti e coerenti, in grado di stabilire rapporti tra i concetti e la realtà, grazie alla discussione, al confronto e al sapere che si arricchisce di generazione in generazione. Solo in Dio vi è una scienza perfetta, che viene comunicata all’uomo, almeno parzialmente, per mezzo della Rivelazione accolta nella fede, per cui la scienza della fede, la teologia dispiega le potenzialità della ragione e fa avanzare con umiltà nella conoscenza die misteri di Dio.

IL credente e il teologo, approfondiscono il tesoro della fede, si aprono a un sapere pratico, che guida le azioni quotidiane, cioè alle leggi morali e all’esercizio delle virtù. ‘La clemenza di Dio ci ha concesso la sua legge, che stabilisce quali cose sia per noi utile conoscere, e che indica quanto ci è lecito sapere di Dio e quanto è giusto indagare…In questa legge, infatti, si esplicita e si rende palese la volontà di Dio, affinché ciascuno di noi sappia ciò che per lui è necessario fare ’.

Esiste, secondo Giovanni di Salisbury, anche una verità oggettiva e immutabile, la cui origine è in Dio, accessibile alla ragione umana e che riguarda l’agire pratico e sociale, Si tratta di un diritto naturale, al quale leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune.

Questa legge naturale è caratterizzata da una proprietà che Giovanni chiama “equità”, cioè l’attribuzione ad ogni persona dei suoi diritti. Da essa discendono precetti che sono legittimi presso tutti i popoli, e che non possono in nessun caso essere abrogati…Mentre altri argomenti affrontati in quest’opera sono legati alle circostanze storiche in cui essa fu composta, il tema del rapporto tra legge naturale e ordinamento giuridico – positivo, mediato dall’equità, è ancor oggi di grande importanza. Nel nostro tempo, infatti, soprattutto in alcuni Paesi, assistiamo a uno scollamento preoccupante tra la ragione, che ha il compito di scoprirei valori etici legati alla dignità di ogni persona umana, e la libertà, che ha la responsabilità di accoglierli e promuoverli.

Forse Giovanni di Salisbury ci ricorderebbe oggi che sono conformi all’equità solo quelle leggi che tutelano la sacralità di ogni vita umana e respingono la liceità dell’aborto, dell’eutanasia e delle disinvolte sperimentazioni genetiche, quelle leggi che rispettano la dignità del matrimonio tra l’uomo e la donna, che si ispirano a una corretta laicità dello Stato – laicità che comporta pur sempre la salvaguardia della libertà religiosa -, e che perseguono la sussidairietà e la solidarietà a livello nazionale e internazionale. Diversamente, finirebbe per instaurarsi quella che Giovanni di Salisbury definisce la “tirannia del principe” o, diremmo noi, la “dittatura del relativismo”: un relativismo che ‘non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” (Benedetto XVI, Udienza, 16 dicembre 2009).

Nella recente enciclica , Caritas in veritate, Benedetto XVI, rivolgendosi agli uomini di buona volontà che si impegnano nell’azione sociale e politica, ha ricordato che non può essere sganciata dalla verità oggettiva di ogni uomo e dalla sua dignità per cui ci sono valori mai negoziabili: “La verità e l’amore che essa dischiude non si possono produrre, si possono solo accogliere. La loro fonte ultima non è, né può essere, l’uomo, ma Dio, ossia Colui che è Verità e Amore. Questo principio è assai importante per la società e per lo sviluppo, in quanto né l’una né l’altro possono essere solo prodotti umani; la stessa avocazione allo sviluppo delle persone e dei popoli non si fonda su una semplice deliberazione umana, ma è inscritta in un piano che ci precede, e che costituisce per tutti noi un dovere che deve essere liberamente accolto” (n. 52).

Questo piano che ci precede, questa verità dell’essere dobbiamo cercare e accogliere, perché nasca la giustizia, ma possiamo trovarlo e accoglierlo solo con un cuore, una volontà, una ragioen purificati nella luce di Dio.

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