Anglicani
La grande Chiesa si permette di essere anche generosa con gli anglicani nella consapevolezza del lungo respiro che possiede
“La chiave missionaria mi pare la più indicata anche per comprendere l’iniziativa che nelle ultime settimane ha preso configurazione nei riguardi dei fratelli – chierici e fedeli – anglicani che da tempo chiedevano di entrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica. Allorché si era trattato di impostare correttamente la questione del reintegro nella comunione ecclesiale dei vescovi lefebvriani, il Papa precisò: “Il vero problema, in questo momento della storia, è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamenti, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre più” (Benedetto XVI, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica, 10 marzo 2009). Ebbene, per le modalità in cui è maturata ed è stata annunciata l’iniziativa oggi riguardante gli anglicani, e per la sapienza che complessivamente la ispira, non possiamo non vedervi riflessa l’impronta dell’attuale Pontefice, indomito e dolce, coraggioso e illuminato. L’aver disposto, con innovazione anche canonica, che siano istituiti appositi Ordinariati personali così che quanti entrano nella piena comunione cattolica, accettando dunque anche il ministero petrino come elemento voluto da Cristo, conservino nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale liturgico, appare effettivamente una scelta “ragionevole” per andare incontro “in modo unitario ed equo”, cioè equilibrato, alle richieste pervenute…la nostra comunione lungi dall’essere minacciata, viene come “rafforzata da simili diversità legittime, e siamo pertanto felici che questi uomini e queste donne offrano il loro contributo particolare alla nostra comune vita di fede”. In questo senso si inquadrano le novità connesse a tale decisione che, come è già stato autorevolmente affermato e tutto lascia prevedere, non comprometterà il prosieguo del dialogo interconfessionale. Tutt’altro, dunque, che una decisione scaturita da un indebolimento, ma piuttosto la felice applicazione di quanto Papa Benedetto chiedeva nella Lettera ai Vescovi cattolici: perché mai “non dovrebbe la grande Chiesa permettersi di essere anche generosa nella consapevolezza del lungo respiro che possiede?” (Prolusione del Cardinale Bagnasco Presidente della CEI, 9 novembre 2009).
Le legittime diversità toccano il celibato, la nomina degli “ordinari”, il pluralismo liturgico.
Ogni vescovo sarà celibe e quindi non potranno esservi vescovi sposati ed è previsto che “un vescovo già anglicano e coniugato è eleggibile per essere nominato ordinario”. Non sarà vescovo, sarà ordinato come prete, ma conserverà lo “stato matrimoniale” e sarà equiparato ai vescovi della Chiesa cattolica. “I chierici sono vincolati al celibato” che rimane un valore per tutti ma gli “ordinariati personali anglicano – cattolici” potranno chiedere al Papa “caso per caso” l’ordinazione “anche di uomini sposati” per garantire la celebrazione dell’Eucaristia a una comunità che non possa essere servita altrimenti.
La seconda diversità riguarda la figura dell’ordinario, assimilato giuridicamente al vescovo diocesano e che sarà nominato dal Papa “in base a una terna presentata dal Consiglio di governo dell’ordinariato”.
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