Lo Spirito Santo
Solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto e poi attuarlo
“Abbiamo dato inizio ora al nostro incontro sinodale (il Sinodo dei vescovi per l’Africa) invocando lo Spirito Santo e sapendo bene che noi non possiamo in questo momento realizzare quanto c’è da fare per la Chiesa e per il mondo: solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto e poi attuarlo…
Noi preghiamo che la Pentecoste non sia solo un avvenimento del passato, il primo inizio della Chiesa, ma sia oggi, anzi adesso…Preghiamo che il Signore adesso realizzi l’effusione del suo Spirito e ricrei di nuovo la sua Chiesa e il mondo. Ci ricordiamo che gli apostoli dopo l’Ascensione non hanno iniziato – come forse sarebbe stato normale – a organizzare, a creare la Chiesa futura. Hanno aspettato l’azione di Dio, hanno aspettato lo Spirito Santo. Hanno compreso che la Chiesa non si può fare, che non è il prodotto della nostra organizzazione: la Chiesa deve nascere dallo Spirito Santo. Come il Signore stesso è stato concepito ed è nato dallo Spirito Santo, così anche la Chiesa (dove l’Incarnazione continua)deve essere sempre concepita e nascere dallo Spirito Santo. Solo con questo atto creativo di Dio noi possiamo entrare nell’attività di Dio, nell’azione divina e collaborare con Lui. In questo senso, anche tutto il nostro lavoro al Sinodo è un collaborare con lo Spirito Santo, con la forza di Dio che ci previene. E sempre dobbiamo di nuovo implorare il compiersi di questa iniziativa divina, nella quale noi possiamo essere collaboratori di Dio e contribuire a far sì che di nuovo nasca e cresca la sua Chiesa…
E’ importante che il cristianesimo non sia una somma di idee, una filosofia, una teologia, ma un modo di vivere, il cristianesimo è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità se è carità. Possiamo dire che anche logos e caritas vanno insieme. Il nostro Dio è, da una parte, logos, ragione eterna. Ma questa ragione è anche amore, non è fredda matematica che costruisce l’universo, non è un demiurgo; questa ragione eterna è fuoco, è carità. In noi stessi (nel nostro io)dovrebbe realizzarsi questa unità di ragione e carità, di fede e carità. E così trasformati dalla carità diventare, come dicono i Padri greci, divinizzati. Direi che nello sviluppo del mondo abbiamo questo percorso in salita, dalle prime realtà create fino alla creatura uomo. Ma questa scala non è ancora finita. L’uomo dovrebbe essere divinizzato e così realizzarsi. L’unità della creatura e del Creatore: questo è il vero sviluppo, arrivare con la grazia di Dio a questa apertura. La nostra essenza viene trasformata nella carità. Se parliamo di questo sviluppo pensiamo sempre anche a questa ultima meta, dove Dio vuole arrivare con noi…La carità non è qualcosa di individuale, ma universale e concreta.. Dobbiamo tendere a questa unificazione di universalità e concretezza, dobbiamo aprire realmente questi confini tra tribù, etnie, religioni all’universalità dell’amore di Dio. E questo non in teoria, ma nei nostri luoghi di vita, con tutta la concretezza necessaria. “Preghiamo – ha concluso Benedetto XVI – affinché possiamo conoscere, conoscere diventi credere e credere diventi amare, azione. Preghiamo il Signore affinché ci dono lo Spirito Santo, susciti una nuova Pentecoste, ci aiuti a essere i suoi servitori in questa ora del mondo” (Benedetto XVI, a braccio questa meditazione all’Ora Terza che ha aperto il Sinodo dei Vescovi per l’Africa, lunedì 5 ottobre).
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