Apertura: secolarizzazione o evangelizzazione
L’apertura conciliare al mondo un’esigenza dell’ardore missionario del Cuore di Cristo
“Nei decenni successivi al Concilio Vaticano II, alcuni hanno interpretato l’apertura al mondo non come un’esigenza dell’ardore missionario del Cuore di Cristo, ma come un passaggio alla secolarizzazione, scorgendo in essa alcuni valori di grande spessore cristiano, come l’uguaglianza, la liberà e la solidarietà, e mostrandosi disponibili a fare concessioni e a scoprire campi di cooperazione.
Si è così assistito a interventi di alcuni responsabili ecclesiali in dibattiti etici, in risposta ad aspettative dell’opinione pubblica, ma si è smesso di parlare di certe verità fondamentali della fede, come il peccato, la grazia, la vita teologale e i novissimi.
Inconsciamente si è caduti nell’autosecolarizzazione di molte comunità ecclesiali; queste, sperando di compiacere quanti erano lontani, hanno visto andare via, defraudati e disillusi, coloro che già vi partecipavano: i nostri contemporanei, quando si incontrano con noi, vogliono vedere quello che non vedono in nessun’altra parte, ossia la gioia e la speranza che nascono dal fatto di stare con il Signore risorto.
Attualmente c’è una nuova generazione nata in questo ambiente ecclesiale secolarizzato che, invece di registrare apertura e consensi, vede allargarsi sempre più nella società il baratro delle differenze e delle contrapposizioni al Magistero della Chiesa, soprattutto in campo etico. In questo deserto di Dio, la nuova generazione prova una grande sete di trascendenza.
Sono i giovani di questa nuova generazione a bussare oggi alla porta del seminario e ad aver bisogno di trovare formatori che siano veri uomini di Dio, sacerdoti totalmente dediti alla formazione, che testimonino il dono di sé alla Chiesa, attraverso il celibato e una vita austera, secondo il modello di Cristo Buon Pastore. Così questi giovani impareranno a essere sensibili all’incontro con il Signore, nella partecipazione quotidiana all’Eucaristia, amando il silenzio e la preghiera e cercando, in primo luogo, la gloria di Dio e la salvezza delle anime” (Benedetto XVI, Visita ad limina di Presuli della Conferenza Episcopale Brasiliana, 07.09.2009).
Il Papa ha riconosciuto che in Brasile concretamente gli operai della messe del Signore continuano ad essere pochi. Ma “nonostante questa carenza, resta veramente essenziale un’adeguata formazione di quanti sono chiamati a servire il Popolo di Dio. Per questo motivo, nell’ambito dell’Anno sacerdotale in corso, permettetemi di soffermarmi oggi a riflettere con voi, amati Vescovi dell’Ovest brasiliano, sulla sollecitudine propria del vostro ministero episcopale che è quella di generare nuovi pastori”.
Sebbene sia Dio l’unico capace di seminare nel cuore umano la chiamata al servizio e all’amore pastorale, tutti i membri della Chiesa dovrebbero interrogarsi sull’urgenza intima e sull’impegno reale con cui sentono e vivono questa causa. L’urgenza del buon Dio è dettata dal suo desiderio che “tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”( 1 Tm 2,4). Ci sono persone che sembrano voler consumare l’intera vita in un minuto, altri che vagano nel tedio e nell’inerzia, o si abbandonano a violenze di ogni genere. In fondo non sono altro che vite disperate alla ricerca della speranza, come dimostra una diffusa, sebbene a volte confusa, esigenza di spiritualità, una rinnovata ricerca di punti di riferimento per riprendere il cammino della vita.
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