L'uomo e l'ambiente naturale
La natura non è né un tabù intoccabile, né si può abusarne
“Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, verso le generazioni future e l’umanità intera. Se la natura, e per primo l’essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze. Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell’intervento creativo di Dio, che l’uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i suoi legittimi bisogni – materiali e immateriali –nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l’uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o , al contrario, per abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione di Dio” (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 48).
La natura è espressione di un disegno di amore e di verità. Essa ci precede e ci è donata da Dio come ambiente di vita. Ci parla del Creatore (Rm 1,20) e del suo amore per l’umanità, E’ destinata ad essere “ricapitolata” in Cristo alla fine dei tempi (Ef 1,9 – 10; Col 1,19 – 20). Anch’essa, quindi, è una “vocazione” cioè dono prezioso del Creatore, il quale ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, dandoci i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione. La natura è a nostra disposizione non come “un mucchio di rifiuti sparsi a caso” (Eraclito), bensì come un dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci cioè una “vocazione” affinché l’uomo ne tragga gli orientamenti doverosi per “custodirla e coltivarla” (Gn 2,15). Ma bisogna anche sottolineare che è contrario al vero sviluppo come “vocazione” considerare la natura più importante della stessa persona umana. Questa posizione induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo: dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la salvezza dell’uomo. Peraltro bisogna anche rifiutare la posizione contraria, che mira alla completa tecnicizzazione, perché l’ambiente naturale non è solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera continua del Creatore, recante in sé una “grammatica” che indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario. Oggi molti danni allo sviluppo provengono proprio da queste concezioni distorte.
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