Urbi et Orbi
Gesù è risorto perché Egli stesso viva sempre in noi
“La risurrezione di Cristo è la nostra speranza” (Agostino, Sermo 261,1). Con questa affermazione, il grande Vescovo spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi, pur destinati alla morte, non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci speranza.
In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna. Quest’annuncio sta nel cuore del messaggio evangelico. Lo dichiara con vigore san Paolo: “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede”. E aggiunge: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1 Cor 15,14.19). Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza investe il mondo; da quel giorno la nostra risurrezione è già cominciata, perché la Pasqua non segna semplicemente un momento della storia, ma l’avvio di una nuova condizione: Gesù è risorto non perché la sua memoria resti viva nel cuore dei discepoli, bensì perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna” (Benedetto XVI, Messaggio Pasquale, 12 aprile 2009).
La risurrezione non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua “pasqua”, il suo “passaggio”, che ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo (Eb 10,20). Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico e irripetibile: Gesù di Nazareth, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba. Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota. Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso a Pietro e agli Apostoli la sera nel Cenacolo riconoscendolo sostenuti dalla precedente esperienza con il momento della sua fase terrena. Con l’apparizione a Paolo sulla via di Damasco essi sono i testimoni fondamentali prescelti da Dio. Il Risorto è apparso altre volte a Paolo, a molti altri discepoli in Galilea e in tutta la tradizione della Chiesa.
Il sapere, il pensare e quindi il vedere, con il dono del Suo Spirito, attraverso l’annuncio della risurrezione il Signore illumina le zone buie in cui viviamo. Terribile l’attuale materialismo e di conseguenza il nichilismo, quella visione del mondo che non sa più trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. E’ un fatto che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni speranza rimane una illusione, non certo quella speranza affidabile, offerta dalla redenzione, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. Ecco la fecondità del prorompere con vigore da parte di testimoni l’annuncio della risurrezione del Signore. E’ l’unica risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro del Qoèlet: “C’è forse qualcosa di cui si possa dire: /Ecco, questa è una novità?” (Qo 1,10). Sì, rispondiamo. Nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato – Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa. Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi. Così ad esempio è accaduto a Paolo. Accanito persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco incontrò Cristo risorto e fu da Lui “conquistato”. Con Pietro e gli Apostoli è uno dei testimoni scelti da Dio per le apparizioni fondamentali della tradizione apostolica del popolo di Dio e non avendo avuto esperienza con il Gesù nella fase terrena ascoltò il racconto dalle colonne, Pietro Giacomo e Giovanni che con gli altri Apostoli compresero completamente, alla luce dell’incontro con il Risorto, che Gesù era già in tutti i momenti della fase terrena, il Messia e il Kyrios. Così avvenne in Paolo quel che più tardi egli scriverà ai cristiani di Corinto: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). “Guardiamo - - è l’invito di Benedetto XVI per questi ultimi mesi dell’anno paolino – a questo grande evangelizzatore del mondo di allora. Il suo insegnamento e il suo esempio ci stimolino a ricercare il Signore Gesù. Ci incoraggino a fidarci di Lui, perché ormai il senso del nulla, che tende ad intossicare l’umanità, è stato sopraffatto dalla luce e dalla speranza che promanano dalla risurrezione. Ormai sono vere e reali le parole del Salmo: “Nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno” (139 (138),12). Non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio. Addirittura il regno stesso della morte è stato liberato, perché negli “inferi” è arrivato il Verbo della vita, sospinto dal soffio dello Spirito, (lo Spirito intimo a lui Risorto)”.
Se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora troppi segni del suo vecchio dominio. Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le stesse sue armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore.“La risurrezione di Cristo è la nostra speranza! – Benedetto XVI a conclusione del suo messaggio – Questo la Chiesa proclama oggi con gioia: annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa. Oggi la Chiesa canta “il giorno che ha fatto il Signore” ed invita alla gioia. Oggi la Chiesa prega, invoca Maria, Stella della Speranza, perché guidi l’umanità verso il porto sicuro della salvezza che è il Cuore di Cristo, la Vittima pasquale, l’Agnello che “ha redento il mondo”, l’Innocente che “ha riconciliato noi peccatori con il Padre”. A Lui, Re vittorioso, a Lui crocifisso e risorto, noi gridiamo con gioia il nostro Alleluia!”.
“La risurrezione di Cristo è la nostra speranza” (Agostino, Sermo 261,1). Con questa affermazione, il grande Vescovo spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi, pur destinati alla morte, non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci speranza.
In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna. Quest’annuncio sta nel cuore del messaggio evangelico. Lo dichiara con vigore san Paolo: “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede”. E aggiunge: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1 Cor 15,14.19). Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza investe il mondo; da quel giorno la nostra risurrezione è già cominciata, perché la Pasqua non segna semplicemente un momento della storia, ma l’avvio di una nuova condizione: Gesù è risorto non perché la sua memoria resti viva nel cuore dei discepoli, bensì perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna” (Benedetto XVI, Messaggio Pasquale, 12 aprile 2009).
La risurrezione non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua “pasqua”, il suo “passaggio”, che ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo (Eb 10,20). Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico e irripetibile: Gesù di Nazareth, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba. Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota. Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso a Pietro e agli Apostoli la sera nel Cenacolo riconoscendolo sostenuti dalla precedente esperienza con il momento della sua fase terrena. Con l’apparizione a Paolo sulla via di Damasco essi sono i testimoni fondamentali prescelti da Dio. Il Risorto è apparso altre volte a Paolo, a molti altri discepoli in Galilea e in tutta la tradizione della Chiesa.
Il sapere, il pensare e quindi il vedere, con il dono del Suo Spirito, attraverso l’annuncio della risurrezione il Signore illumina le zone buie in cui viviamo. Terribile l’attuale materialismo e di conseguenza il nichilismo, quella visione del mondo che non sa più trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. E’ un fatto che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni speranza rimane una illusione, non certo quella speranza affidabile, offerta dalla redenzione, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. Ecco la fecondità del prorompere con vigore da parte di testimoni l’annuncio della risurrezione del Signore. E’ l’unica risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro del Qoèlet: “C’è forse qualcosa di cui si possa dire: /Ecco, questa è una novità?” (Qo 1,10). Sì, rispondiamo. Nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato – Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa. Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi. Così ad esempio è accaduto a Paolo. Accanito persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco incontrò Cristo risorto e fu da Lui “conquistato”. Con Pietro e gli Apostoli è uno dei testimoni scelti da Dio per le apparizioni fondamentali della tradizione apostolica del popolo di Dio e non avendo avuto esperienza con il Gesù nella fase terrena ascoltò il racconto dalle colonne, Pietro Giacomo e Giovanni che con gli altri Apostoli compresero completamente, alla luce dell’incontro con il Risorto, che Gesù era già in tutti i momenti della fase terrena, il Messia e il Kyrios. Così avvenne in Paolo quel che più tardi egli scriverà ai cristiani di Corinto: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). “Guardiamo - - è l’invito di Benedetto XVI per questi ultimi mesi dell’anno paolino – a questo grande evangelizzatore del mondo di allora. Il suo insegnamento e il suo esempio ci stimolino a ricercare il Signore Gesù. Ci incoraggino a fidarci di Lui, perché ormai il senso del nulla, che tende ad intossicare l’umanità, è stato sopraffatto dalla luce e dalla speranza che promanano dalla risurrezione. Ormai sono vere e reali le parole del Salmo: “Nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno” (139 (138),12). Non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio. Addirittura il regno stesso della morte è stato liberato, perché negli “inferi” è arrivato il Verbo della vita, sospinto dal soffio dello Spirito, (lo Spirito intimo a lui Risorto)”.
Se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora troppi segni del suo vecchio dominio. Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le stesse sue armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore.“La risurrezione di Cristo è la nostra speranza! – Benedetto XVI a conclusione del suo messaggio – Questo la Chiesa proclama oggi con gioia: annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa. Oggi la Chiesa canta “il giorno che ha fatto il Signore” ed invita alla gioia. Oggi la Chiesa prega, invoca Maria, Stella della Speranza, perché guidi l’umanità verso il porto sicuro della salvezza che è il Cuore di Cristo, la Vittima pasquale, l’Agnello che “ha redento il mondo”, l’Innocente che “ha riconciliato noi peccatori con il Padre”. A Lui, Re vittorioso, a Lui crocifisso e risorto, noi gridiamo con gioia il nostro Alleluia!”.
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