Direttiva pastorale di Papa Francesco per divorziati o separati

Attraverso il discorso ai presuli della Conferenza Episcopale di Polonia la direttiva pastorale di papa Francesco per chi ricorre al divorzio o alla separazione di fatto: interrogarsi su come assistere coloro che vivono in questa situazione, affinché non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio, dall’amore fraterno di altri cristiani e dalla sollecitudine della
Chiesa per la loro salvezza; su come aiutarli a non abbandonare la fede e far crescere i loro figli nella pienezza dell’esperienza cristiana.

Cari fratelli nell’episcopato,

Saluto cordialmente ciascuno di voi e le Chiese particolari che il Signore ha affidato alla vostra paterna guida. Ringrazio Mons.Jòzef Michalik per le sue parole,soprattutto per avermi assicurato che la Chiesa che è in Polonia prega per me e per il mio ministero.

Ci incontriamo, si può dire, alla vigilia della canonizzazione del beato Giovanni Paolo II. Tutti abbiamo nel cuore questo grande Pastore che, in tutte le tappe della sua missione – da sacerdote, da vescovo e da Papa -, ci ha dato un esempio luminoso di totale abbandono a Dio e alla sua Madre, e di completa dedizione alla Chiesa e all’uomo. Egli ci accompagna dal Cielo e ci ricorda quanto è importante la comunione spirituale e pastorale tra i vescovi. – L’unità dei Pastori, nella fede, nella carità, nell’insegnamento e nella comune premura per il bene dei fedeli, costituisce un punto di riferimento per l’intera comunità ecclesiale e per chiunque cerca un orientamento sicuro nel quotidiano cammino sulle vie del Signore. Niente e nessuno possa introdurre divisioni tra voi, cari Fratelli! Siete chiamati a costruire la comunione e la pace radicate nell’amore fraterno, e a darne a tutti un incoraggiante esempio. E certamente un tale atteggiamento sarà fecondo e offrirà al vostro popolo fedele la forza della speranza.

Durante i nostri incontri di questi giorni ho avuto conferma del fatto che la Chiesa in Polonia ha grandi potenzialità di fede, di preghiera, di carità e di pratica cristiana. Grazie a Dio in Polonia c’è buona frequenza ai Sacramenti, ci sono valide iniziative nei settori della nuova evangelizzazione e della catechesi, c’è larga attività caritativo-sociale, e un soddisfacente andamento delle vocazioni sacerdotali. Tutto questo favorisce la formazione cristiana delle persone, la pratica motivata e convinta, la disponibilità dei laici e dei religiosi a collaborare attivamente nelle strutture ecclesiali e sociali. Rispetto al fatto che si riscontra anche una certa flessione in diversi aspetti della vita cristiana, questo richiede un discernimento, una ricerca dei motivi e dei modi di affrontare le nuove sfide, come – per esempio – l’idea di una libertà senza limiti, la tolleranza ostile o diffidente verso la verità, o il malumore verso la giusta opposizione della Chiesa al relativismo imperante.

Prima di tutto, nell’ambito della pastorale ordinaria, vorrei focalizzare la vostra attenzione sulla famiglia, “cellula fondamentale della società”, “luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli” (Evangelii gaudium, 66). Oggi invece il matrimonio è spesso considerato una forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno (ibidem). Purtroppo questa visione influisce sulla mentalità dei cristiani, causando una facilità  nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto. I Pastori sono chiamati a interrogarsi su come assistere coloro che vivono in questa situazione, affinché non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio, dall'amore fraterno di altri cristiani e dalla sollecitudine della Chiesa per la loro salvezza; su come aiutarli a non abbandonare la fede e a far crescere i loro figli nella pienezza dell’esperienza cristiana.

D’altra parte, bisogna chiedersi come migliorare la preparazione dei giovani al matrimonio, in modo che possano scoprire sempre di più la bellezza di questa unione che, ben fondata sull’amore e la responsabilità, è in grado di superare le prove, le difficoltà, gli egoismi con il perdono reciproco, riparando ciò che rischia di rovinarsi e non cadendo nella trappola della mentalità dello scarto. Bisogna chiedersi come aiutare le famiglie a vivere e apprezzare sia i momenti di gioia sia quelli di dolore e di debolezza.

Le comunità ecclesiali siano luoghi di ascolto, di dialogo, di conforto e di sostegno per gli sposi, nel loro cammino coniugale e nella loro missione educativa. Essi trovino sempre nei Pastori il sostegno di autentici padri e guide spirituali, che le proteggono dalle minacce delle ideologie negative e le aiutano a diventare forti in Dio e nel suo amore.

La prospettiva del prossimo Incontro mondiale della gioventù, che avrà luogo a Cracovia nel 2016, mi fa pensare ai giovani, che con gli anziani sono la speranza della Chiesa. Oggi, un mondo ricco di strumenti informatici offre loro nuove possibilità di comunicazione, ma al tempo stesso riduce i rapporti interpersonali di contatto diretto, di scambio di valori e di esperienze condivise. Tuttavia, nei cuori dei giovani c’è un’ansia di qualcosa di più profondo, che valorizzi in pienezza la loro personalità. Bisogna venire incontro a questo desiderio.

In tal senso, ampie possibilità offre la catechesi. So che in Polonia vi partecipa la maggioranza degli alunni nelle scuole, i quali raggiungono una buona conoscenza delle verità della fede. La religione cristiana, tuttavia, non è una scienza astratta, ma una conoscenza esistenziale di Cristo, un rapporto personale con Dio che è amore. Bisogna forse insistere di più sulla formazione della fede vissuta come relazione, nella quale si esperimenta la gioia di essere amati e di poter amare. Occorre che si intensifichi la premura dei catechisti e dei pastori, affinché le nuove generazioni possano scoprire pienamente il valore dei Sacramenti come mezzi privilegiati di incontro con Cristo vivo e fonte di grazia. I giovani siano incoraggiati a far parte dei movimenti e delle associazioni la cui spiritualità si basa sulla Parola di Dio, sulla liturgia, sulla vita comunitaria e sulla testimonianza missionaria. Trovino anche le opportunità di esprimere la loro disponibilità e l’entusiasmo giovanile nelle opere di carità promosse dai gruppi parrocchiali o scolastici della Caritas o in altre forme di volontariato e di missionarietà. La loro fede, il loro amore e la loro speranza si rafforzino e fioriscano nell’impegno concreto in nome di Cristo.

La terza attenzione che vorrei raccomandarvi è quella delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Ringrazio con voi il Signore che negli ultimi decenni ha chiamato in terra polacca tanti operai per la sua messe. Tanti bravi e santi sacerdoti polacchi svolgono con dedizione il loro ministero sia nelle proprie Chiese locali, sia all’estero e nelle missioni. Non si stanchi però la Chiesa in Polonia di continuare a pregare per le nuove vocazioni sacerdotali. A voi, cari vescovi, spetta il compito di provvedere affinché questa preghiera si traduca in impegno concreto nella pastorale vocazionale e nella buona preparazione dei candidati nei seminari.

In Polonia, grazie alla presenza di buone Università e Facoltà teologiche, i seminaristi raggiungono una valida preparazione intellettuale e pastorale. Questa va sempre accompagnata dalla formazione umana e spirituale, affinché essi vivano un’intensa relazione personale con il Buon Pastore, siano uomini di preghiera assidua, aperti all’azione dello Spirito santo, generosi, poveri in spirito, pieni di amore ardente per il Signore e per il prossimo.

Nel ministero sacerdotale la luce della testimonianza potrebbe essere offuscata o “nascosta sotto il moggio” se mancasse lo spirito missionario, la volontà di “uscire” in una sempre rinnovata conversione missionaria per cercare – anche nelle periferie – e avvicinare coloro che attendono la Buona Novella di Cristo. Questo stile apostolico richiede anche lo spirito di povertà, di abbandono, per essere liberi nell’annuncio e sinceri nella testimonianza della carità. A tale proposito ricordo le parole del beato Giovanni paolo II: “Da noi tutti, sacerdoti di Gesù Cristo, si attende che siamo fedeli all’esempio da lui lasciato. Quindi che siamo “per gli altri”. E se “abbiamo” – affinché abbiamo anche “per gli altri”. Tanto più perché se abbiamo – abbiamo “dagli altri” (…) Con uno stile di vita vicino a quello di una famiglia media, anzi piuttosto a quello di una famiglia povera” (Discorso ai seminaristi, al clero e ai religiosiCattedrale di Stettino, 11 giugno 1987,9).

Non dimentichiamo, cari fratelli, le vocazioni alla vita consacrata, soprattutto quelle femminili. Come avete osservato, preoccupa il calo delle adesioni alle congregazioni religiose anche in Polonia: un fenomeno complesso, le cui cause sono molteplici. Auspico che gli Istituti religiosi femminili possano continuare ad essere, in modo adeguato ai nostri tempi, luoghi privilegiati dell’affermazione e della crescita umana e spirituale delle donne. Le religiose siano pronte ad affrontare i compiti e le missioni anche difficili ed esigenti, che valorizzino le loro capacità intellettuali, affettive e spirituali, i loro talenti e carismi personali. Preghiamo per le vocazioni femminili e accompagniamo con stima le nostre sorelle, che spesso nel silenzio e inosservate spendono la loro vita per il Signore e perla Chiesa, nella preghiera, nella pastorale e nella carità.

Concludo esortandovi alla sollecitudine per i poveri. Anche in Polonia, nonostante l’attuale sviluppo economico del Paese, ci sono tanti bisognosi, disoccupati, senzatetto, malati, abbandonati, come pure tante famiglie – soprattutto quelle numerose – senza sufficienti mezzi per vivere ed educare i figli. Siate loro vicini! So quanto fa la Chiesa in Polonia in questo campo, mostrando grande generosità non solo in patria ma anche in altri Paesi del mondo. Ringrazio voi e le vostre comunità per quest’opera. Continuate ad incoraggiare i vostri sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli ad avere la “fantasia della carità” e a praticarla sempre. E non dimenticate quanti per vari motivi lasciano il Paese e cercano di costruire una nuova vita all’estero. Il loro crescente numero e le loro esigenze richiedono forse più attenzione da parte della Conferenza Episcopale. Accompagnateli con cura pastorale adeguata, perché possano conservare la fede e le tradizioni religiose del popolo polacco.

Cari Fratelli, vi ringrazio per la vostra visita. Portate il mio saluto cordiale alle vostre Chiese particolari e a tutti i connazionali. La Vergine Maria, Regina della Polonia, interceda per la Chiesa nel vostro Paese: protegga con il suo manto i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli e ottenga per ciascuno e per ogni comunità la pienezza delle grazie del Signore. E preghiamola insieme: Sub tuum presidium confugimus, Sancta Dei Genitrixnostras deprecationes ne despicias in necessitatibussed a pericolis cuntis libera nos semperVirgo gloriosa et benedicta (Papa  Francesco, Discorso ai presuli della Conferenza Episcopale di Polonia in Visita “ad Limina Apostolorum7 febbraio 2014).

Papa Francesco ha offerto un orizzonte e quindi una direttiva di carità pastorale in tutti gli ambiti a una Chiesa particolare d’Europa, d’Occidente, con le proprie tradizioni e inediti problemi e lo ha fatto alla luce della sua esortazione pastorale Evangelii gaudium, anche alla luce del n. 66 su un problema di particolare attualità di come testimoniare  la carità pastorale verso coloro che considerando il matrimonio una forma privata di gratificazione affettiva da costituirsi in qualsiasi modo e da modificarsi secondo la sensibilità di ognuno anziché “pubblica cellula fondamentale della società” come voluto fin dalle origini da Dio, con facilità ricorrono al divorzio o alla separazione di fatto. Non si tratta di ridurre tutto a una facile concessione rituale dei sacramenti smentendo valori fondamentali del matrimonio sacramento ma di interrogarsi “su come assistere coloro che vivono in questa situazione, affinché non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio, dall’amore fraterno di altri cristiani e dalla sollecitudine della Chiesa per la loro salvezza; su come aiutarli a non abbandonare la fede e a far crescere i loro figli nella pienezza dell’esperienza cristiana”.
Osservando come in Polonia l’insegnamento della religione nelle scuole, pur con taglio culturale, è una catechesi che offre una buona conoscenza delle verità della fede, tuttavia la religione cristiana non è una scienza astratta ma una conoscenza esistenziale di Cristo, un rapporto personale con Dio che è amore,  occorre insistere di più sulla formazione della fede vissuta come relazione recirpoca di amicizia, nella quale si esperimenta concretamente la gioia di essere amati e di poter amare. Quindi “i giovani siano incoraggiati a far parte dei movimenti e delle associazioni la cui spiritualità si basa sulla Parola di Dio, sulla liturgia, sulla vita comunitaria e sulla testimonianza missionaria… La loro fede, il loro amore e la loro speranza si  rafforzino e fioriscano nell’impegno concreto in nome di Cristo”.
Nel 9° anniversario della morte di don Luigi Giussani (22 febbraio 2005) con l’Omelia del card. Ratzinger alle esequie, 32° del riconoscimento pontificio della Fraternità di CL da parte del Beato Giovanni Paolo II (11 febbraio 1982), a 60 anni dall’inizio del Movimento, don Juliàn Carròn, attuale presidente della Fraternità di CL, ha scritto: “Vi prego di accogliere come rivolta a noi – specialmente a noi che siamo nati solo per questo, come testimonia tutta la vita di don Giussani – la domanda di papa Francesco: ciascuno di noi, ogni comunità del nostro Movimento, “rende visibile l’essenziale, cioè Gesù Cristo?”. Papa Francesco mi ha confidato di avere conosciuto il Movimento a Buenos Aires agli inizi degli anni Novanta e che questa scoperta fu per lui “aria fresca”. E questo lo portò a leggere spesso i testi di don Giussani, perché trovava in lui quello che serviva alla sua vita cristiana. Immaginate – sempre Carròn – la commozione nel sentirmi dire queste cose da chi oggi è il vescovo di Roma! Il papa ci incoraggia a vivere personalmente, nella comunione tra noi, la natura del nostro carisma, perché un movimento come il nostro è chiamato a rispondere alle urgenze di questo momento della vita della Chiesa e del mondo. Dalla vicinanza e familiarità di papa Francesco nasce per me e per tutti noi, amici, una nuova responsabilità davanti a Dio e alla Chiesa”.
Giussani nel dono carismatico si riconosceva nel giudizio teologico del gesuita Henri De Lubac, creato cardinale dal Beato Giovanni Paolo II, sul pericolo più grande per la Chiesa in Europa, in Occidente agli inizi degli anni 50’ cioè la mondanità, un cristianesimo secolarizzato:“Nessuno di noi è totalmente sicuro da questo male. Un umanesimo sottile, avversario di Dio Vivente, e, segretamente, non meno nemico dell’uomo, può insinuarsi in noi attraverso mille vie tortuose. La curvitas (la ferita originale) non è mai in noi definitivamente raddrizzata.Il “peccato contro lo Spirito” è sempre possibile…Anche se gli uomini fossero pieni di ogni perfezione spirituale, ma queste perfezioni non fossero riferite a Dio (supponendo che questa ipotesi sia possibile), si tratterebbe di una mondanità incapace di redenzione… Se il cristianesimo dovesse abbassarsi al livello di una perfetta società etica il cui solo scopo fosse la promozione della prosperità umana, o perfino la promozione della moralità umana, la Chiesa sarebbe così completamente apostata come lo è Lucifero stesso: avrebbe negato lo Spirito, avrebbe rifiutato di seguirlo dove vuole condurla, avrebbe preferito piacere agli uomini piuttosto che a Cristo e avrebbe fatto dell’applauso umana la sua suprema ricompensa”.
Aria fresca per Papa Francesco il giudizio teologico del confratello Henri De Lubac e il carisma di Giussani alle origini del suo carisma nell’intervento con i vescovi di Polonia.

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